Lungo un percorso fatto di flussi digitali, immagini e video, il performer accompagna il pubblico in un viaggio nel proprio archivio dati, nella propria memoria individuale. Lo spazio scenico si apre al reale, connettendosi a geografie remote in un autentico affresco mediatico che incorpora e tenta di restituire tutte le informazioni: il corpo diviene testimone e medium dei contenuti che il database condivide seguendo flussi di movimento che si cristallizzano in immagini, dando vita ad un archivio coreografico personale.
CLOUD è una riflessione sulla politica delle immagini, sulla rappresentazione mediatica dei corpi e della violenza su essi, e sulla memoria come archivio di dati, reali e virtuali, in movimento.
Il lavoro è ispirato al manifesto del comunismo queer e alle riflessioni di Georgy Mamedov e Oksana Shatalova, attivisti radicali del Kyrgyzstan.
CLOUD è tra i progetti finalisti di DNAppunti coreografici 2019 Romaeuropa